FUTURE CITY: l' Arcologia di Paolo Soleri

Fotografie di Arcosanti: Justin Chung
Quanto spazio abbiamo davvero bisogno di occupare per avere vite ricche e gratificanti? Paolo Soleri è uno dei grandi interpreti contemporanei dell’utopia urbana. Architetto e scultore italiano, dopo la laurea al Politecnico di Torino nel 1946, si trasferisce l’anno successivo negli Stati Uniti dove frequenta lo studio-comunità di Frank Lloyd Wright. Si stabilisce definitivamente nel deserto dell’Arizona nel '55 avviando i laboratori urbani di Cosanti (Phoenix) e Arcosanti (a metà strada tra Phoenix e il Grand Canyon) con l’intento di sperimentare i princìpi di un’ architettura in armonia con uomo e ambiente. Soleri elabora teorie urbane di eccezionale attualità, mettendo a punto fin dal 1970 il concetto di Arcologia (architettura + ecologia). In tale visione insediativa sono fondamentali i princìpi di compattezza, miniaturizzazione, densità, risparmio del territorio, uso delle fonti d’energia rinnovabile, riciclo, nonché qualità estetica per la creazione di una neo-natura a dimensione umana. Nel 2000 Soleri riceve il Leone d’Oro alla Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia per la attività di architetto e nel 2006 riceve il Cooper Hewitt Award presso lo Smithsonian Museum di New York per il suo grande contributo alla definizione degli stili della progettazione contemporanea.
Le città di Paolo Soleri, o meglio, le sue arcologie, sono agglomerati a totale sviluppo tridimensionale, in cui prevalgono i principi di compattezza, miniaturizzazione, densità, risparmio del territorio, uso delle fonti d’energia rinnovabile e riciclo. Di seguito, le arcologie più rappresentative da lui proposte in cinquant’anni di attività.
 
Installation view, Paolo Soleri: Mesa City to Arcosanti, on view at the Scottsdale Museum of Contemporary Art, 2013. Photo: Bill Timmerman
 
Mesa City (1950)
I primi passi nell’Arcologia sono nell’idea di questa metropoli di due milioni di abitanti interamente sollevata dal suolo, formata da “Villaggi a Terra” composti di torri a fungo, con ampi terrazzi e giardini pensili. Si tratta di un organismo complesso, tecnologicamente avanzato e con funzioni interdipendenti, che non si mimetizza nel paesaggio, ma instaura un confronto alla pari con la natura. Collocata su un altopiano, si sarebbe dovuta estendere per 35 chilometri di lunghezza e 10 di larghezza.

Arcosanti (1970) Arcosanti è un laboratorio urbano ideato e costruito da Soleri su di un altopiano desertico dell’Arizona, a metà strada tra Phoenix e Flagstaff, con l’intento di sperimentare i principi di un’architettura in armonia con l’uomo e l’ambiente,
Ad Arcosanti, ogni anno, centinaia di professionisti e studenti confluiscono da tutto il mondo per partecipare alla costruzione di questo prototipo vivente della concezione arcologica di città compatta e tridimensionale. Il motto è “learning by doing”, imparare facendo, perché l’idea è che tutti possono partecipare alla realizzazione di questa città, in quanto l’uomo, secondo Soleri, è “homo faber”, trasformatore e manipolatore per natura.
 

Hyperbuilding (2000) Hyperbuilding è il progetto per una città-edificio costituita da una torre alta 1.000 metri, con un diametro di base di circa 250 metri. È un sistema molto compatto, che ospita tutte le attività urbane e consente di preservare il territorio integrando tecnologie attive e passive per la produzione di energia e per la regolazione del microclima interno.

Solare (2006) Solare, la Linear City, è il progetto di Paolo Soleri per la Cina del nuovo millennio. È una città lineare formata da due corpi principali di oltre trenta piani che si sviluppano paralleli per centinaia di chilometri, riproponendo un modulo abitativo progettato per accogliere fino a 1500 abitanti, integrando servizi di tipo commerciale, istituzionale, produttivo, strutture ospedaliere, ricreative e culturali. La città è autosufficiente dal punto di vista energetico utilizzando aereogeneratori ed un sistema di celle fotovoltaiche collocate su tutta la lunghezza del corpo urbano. Un trasporto pubblico davvero innovativo collega i vari punti di ancoraggio dove rampe mobili permettono lo spostamento in altezza di pedoni, bus e navette.
 
 
Per meglio raccontare l'intento e la visione di Paolo Soleri vi proponiamo un intervista a cura di Antonio Disi redatta per Enea, Dipartimento Ambiente, Cambiamenti Globali e Sviluppo Sostenibile:

Architetto Soleri, le città ci affaScinano. Da sempre esse esercitano una forte attrattiva su di noi e più grande è una città, maggiore sembra il suo fascino. Ma se le grandi città come Roma un tempo sono state simbolicamente un mondo, oggi il mondo sta diventando, per molti aspetti, un’unica città. Come sarà, secondo lei, la città del futuro?

La sua domanda fa riferimento ad una questione di base: se il fenomeno urbano riguardi esclusivamente la vita umana o se, invece, investa tutte le forme di vita presenti sulla Terra.
Ritengo che in tutti i sistemi di vita sia presente un urbanesimo naturale secondo cui il singolo organismo agisce come parte integrante di un gruppo: ape-alveare, lupo-branco, pesce-branco. La vita è, pertanto, un fenomeno urbanistico fisiologico-sociale o, come per l’uomo, un fenomeno fisiologico-socio-culturale.

Il villaggio planetario proposto da pianificatori e sociologi, invece, contraddice l’urbanesimo della vita perchè promuove l’eremitaggio planetario. La scienza e la storia ci dicono che la dispersione non riguarda il processo evolutivo in corso ma il momento iniziale di quest’ultimo, avvenuto circa 5 miliardi di anni fa. Civiltà e cultura, invece, sono processi implosivi in cui l’intensità vitale diventa autocreazione: è la storia dell’evoluzione e soprattutto dell’evoluzione umana contenuta in essa.

Qualunque sia la “forma” della città, lungo tutto il processo storico, l’essenza dell’urbanesimo rimane l’evoluzione.

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione ai temi della sostenibilità ma lei è più di mezzo secolo che progetta città che non divorano spazi, non necessitano di auto, non inquinano e si alimentano con fonti di energia rinnovabili. Arcosanti, Mesa City, Cosanti, Solare possono essere considerate modelli di città possibili?

Più che modelli, preferisco chiamarli laboratori proprio per l’enorme complessità che caratterizza i sistemi urbani. Ad Arcosanti cerchiamo di introdurre l’idea che senza affrontare l’imperativo della complessità ed il relati- vo bisogno di possedere un fluido, un modo di muovere persone, derrate, rifornimenti e tutte ciò che viene prodotto e gestito dall’opportunismo dell’homo-faber, l’idea stessa della vita naufraghi nella congestione, nell’in- quinamento, nel conflitto e nell’isolamento endemico dell’abitato. All’og- gi la città fluida nei suoi bisogni logistici non esiste.

La storia della città è strettamente legata alla storia della tecnologia. Ad ogni grande rivoluzione tecnologica ed economica ha corrispo- sto una trasformazione della città e oggi ci troviamo nel pieno di una nuova trasformazione tecnologica ed economica. Architetto Soleri, in che modo bisognerebbe utilizzare la tecnologia per progettare lo spazio urbano e pianificare lo sviluppo edilizio?

Il progresso tecnologico visibile negli edifici più sofisticati (e più costosi), se non guidato dalla conoscenza di ciò che è più essenziale per una civiltà veramente innovatrice, diventa un disservizio all’homo-sapiens, una distrazione dallo scopo fondamentale del fenomeno umano, una tecnologia eradicata dall’immensa biotecnologia umana alla ricerca della grazia planetaria, cioè cosmica.

Dobbiamo approfondire la conoscenza della biotecnologia umana inclusiva del capolavoro che è il cervello nel suo sorprendente sviluppo (auto-creazione)...”cose da laboratorio vissuto” quale è la vita.

 

Installation view, Paolo Soleri: Mesa City to Arcosanti, on view at the Scottsdale Museum of Contemporary Art, 2013. Photo: Bill Timmerman

Installation view, Paolo Soleri: Mesa City to Arcosanti, on view at the Scottsdale Museum of Contemporary Art, 2013. Photo: Bill Timmerman

 

Per favorire l’uso di tecnologie innovative e sostenibili è necessario rimuovere gli ostacoli che frenano la loro adozione. Il senso di diffidenza del cittadino verso l’innovazione tecnologica è un fenomeno ben noto e studiato. Alla costruzione di Arcosanti hanno preso parte molti dei partecipanti ai suoi workshop che poi hanno deciso di viverci. Ma come è possibile coinvolgere i cittadini nella progettazione dell’ambiente in cui vivono quotidianamente?

L’innovazione tecnologica tende ad essere un’innovazione isolante non solo per la natura del nuovo non ancora garantito, ma anche perché esiste un attrito innato fra tradizione ed innovazione. La società costruisce il proprio ambiente attraverso le proprie tendenze, intrusioni o indifferenze: ci meritiamo l’ambiente in cui viviamo. Le strutture, i nodi, l’abitato, i monumenti sono tutte cose di cui siamo autori, individualmente e collettivamente. Nel nostro input fuorviante, il paesaggio cittadino tende a diventare più e più remoto. Noi tutti ne siamo gli autori.

L’uomo fa la casa e fa la città’: “homo-familiaris, homo-faber, homo-econo- micus, homo-speculans, homo-rapax, homo-felix, homo-desperatus ... Dobbiamo generare ambienti fisici capaci di stimolare la passione per la vita che crea se stessa.

Città nuove sopra e dentro città antiche. È questo uno dei drammi che affligge gran parte delle città del Vecchio Continente. Come, secondo lei, è possibile riqualificare un vecchio “contenitore” usando nuove tecnologie?

Non conosco il costo di riqualificazione di zone o edifici. Il successo di queste iniziative dimostra la longevità di settori quasi in rovina quando l’iniziativa non è puramente finanziaria (homo-rapax).
Roma è un caso spettacolare se non unico, quasi 3000 anni di storia traumatica che si sviluppa su un terreno paludoso...vedi pure Venezia. Se queste si possono considerare eccezioni si può sempre dire che il fenomeno vitale è sempre, sempre eccezionale... Ciò necessita di uno sfacciato coraggio misto a “benedetta ignoranza”, perseguibile laboriosamente e quasi osses- sivamente per ottenere risultati validi, cioè coerenti.

In un’epoca di cambiamento climatico e di obiettivi globali di ridu- zione delle emissioni, l’efficienza energetica rappresenta uno dei fattori per la sostenibilità delle città. Di quale energia si nutrono le sue città?

Non ho città mie, ho congetture di sistemi urbani che siano più coerenti alle spinte evoluzionistiche che la storia propone. L’efficienza energetica fondamentale è quella presente nella vera natura dell’effetto urbano: la stupefacente complessità dell’homo sapiens operante in un ambiente che non ne tradisce lo slancio evoluzionista, cioè la quasi immediatezza del loop informazione-risposta.

Internet a parte, perchè legato alle virtualità del cervello attivo, questo loop è vivo in proporzione alle distanze fisiche che connettono e separano i soggetti in questione. In una parola: la miniaturizzazione importata dal mondo atomico e subatomico, la nanotecnologia di moda ed applicata al nostro macromondo, quello in cui la Terra agisce.


La distanza equivale a rumore. Il rumore che mi separa dal mio ufficio è il traffico veicolare, pedonale-anonimo che funziona come confusione e riduzione della conoscenza. La super efficienza cerebrale è l’enorme riduzione della separazione spaziale tra domanda e risposta, una istantaneità misurata in millisecondi. Questo sublime urbanesimo è per un mondo al di là del divenire, ma la spinta evoluzionistica ci deve guidare verso questa utopia al di là del divenire.

Il traffico, gemello del caos, deve ridursi, cioè le risorse offerte dalla tecnologia (tecnologia del cervello in prima linea) deve produrre strutture ambientali sofisticate e miniaturizzanti. Il trasporto di massa è stato uno sforzo in quella direzione ma non poteva che fallire il giorno in cui abbiamo scelto l’eremitaggio suburbano come il portale verso una felicità materia- lista.

Ora siamo posseduti da questa scelta e solo uno tsunami della cultura avrebbe il potere traumatico di favorire non riforme illusorie ma riformulazioni inequivocabili.

 

Installation view, Paolo Soleri: Mesa City to Arcosanti, on view at the Scottsdale Museum of Contemporary Art, 2013. Photo: Bill Timmerman

Installation view, Paolo Soleri: Mesa City to Arcosanti, on view at the Scottsdale Museum of Contemporary Art, 2013. Photo: Bill Timmerman

 

Arcosanti è una città compatta, che ospita in sé pressoché tutte le attività urbane e consente di preservare il territorio. Solare, il suo progetto per la Cina del nuovo millennio, è una città che si estende per centinaia di chilometri, riproponendo un modulo abitativo capace di accogliere fino a 1500 persone e di ospitare servizi di ti- po commerciale, istituzionale, produttivo, strutture ospedaliere, ricreative e culturali inseguendo, nel frattempo, i venti della regione per sfruttare la loro energia. Cosa è cambiato?

Ho aggiornato le arcologie lineari così da introdurre la tecnologia del fo- tovoltaico e del vento in modo sistematico e non interrotto. Come il flusso della gente e delle cose è un continuo, così avviene anche per la cattura dell’energia solare. Questo deve avvenire integralmente entro le definizioni funzionali e strutturali del continuum urbano.

Le sezioni trasversali del nastro urbano di Solare indicano questo modo sinergetico e frugale (lean) tra la vita e l’imperativo energetico che l’accompagna. Per miliardi di consumatori si tratta della solo possibilità non illusoria. Solare non insegue i venti, li cattura sul posto mentre Solare e la cultura urbana devono avvenire, coincidere con la crescita delle strutture che si susseguono, un modulo cittadino dopo l’altro, secondo la destinazione di Solare. Dal punto di vista geografico e’ come, per esempio, il desiderabile continuo urbano da Tucson a Phoenix.