INNOVAZIONE: L’auto elettrica

Il settore automobilistico e dei trasporti è responsabile di un ingente rilascio di sostanze tossiche ed inquinanti, fonte di emissioni di gas serra, comprende il 30% del rilascio annuale di CO2 a livello Europeo. A questo si aggiungono lo scarico di polveri sottili e di biossido di azoto, dannosi per la salute e per l’ambiente, ormai sempre più vittima delle alterazioni climatiche causate dal nostro sistema di produzione. Al fine di contrastare l’impatto dannoso di questo settore, il mercato guarda speranzoso a nuove soluzioni come la produzione di auto elettriche. Quest’ultime, grazie al motore che non prevede combustione, non emettono gas di scarico. Inoltre, le auto elettriche rilasciano in media quantità di CO2 tre volte minore rispetto ai modelli a benzina e gasolio. Tuttavia, nonostante queste vetture siano di fatto meno impattanti, ad ora, ci sono una serie di dinamiche che non rendono questo modello del tutto efficiente e sostenibile. Per quanto possa essere una soluzione molto vantaggiosa è comunque necessario analizzare il fenomeno dell’elettrico soffermandosi su alcuni punti.

 

L’opinione degli addetti al settore è divisa su due fronti; c’è chi è abbastanza convinto che l’elettrico sia la soluzione al problema e chi invece rimane più scettico.

Uno scetticismo sostenuto per esempio lo scorso Dicembre dalle dichiarazioni di Aiko Toyoda, patron della Toyota, il quale definisce questa transizione un “Business immaturo dai costi insostenibili”. Prima grande differenziazione risiede nel fatto che, geo-politicamente parlando il Giappone si trova in una situazione più complessa rispetto all’Europa perché ancora molto legato ai gas naturali per la produzione di elettricità e ciò comporta che, la produzione di energia per la ricarica delle auto sia di conseguenza più inquinante.

In Europa e in Italia la situazione risulta essere diversa, secondo i piani del Green Deal Europeo, o Patto verde, ovvero l’insieme d’iniziative politiche che mira a conseguire la neutralità climatica entro il 2050, le emissioni di gas serra dei trasporti dovranno essere ridotte del 90% nell’arco dei prossimi trent’anni. Per questo motivo le realtà Europee stanno spingendo sull’acceleratore per aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili rendendo la produzione di energia elettrica meno impattante a livello ambientale.

 

Un altra problematica riguarda i punti di ricarica dei veicoli, necessaria per garantirne la mobilità. Sotto questo punto di vista la Norvegia risulta essere all’avanguardia perché possiede infrastrutture efficienti, in Italia invece il tema è diverso, la mobilità dell’auto elettrica infatti sembra essere compromessa perché non vi sono ancora le basi necessarie. Riguardo a questo fattore, è da specificare che le multinazionali di energie rinnovabili, da 10 anni a questa parte, si stanno organizzando per fornire i mezzi necessari a sostenere il fabbisogno nazionale.

Sempre legato alla questione della mobilità un’altra parentesi merita l’acustica, le auto elettriche sono silenziose e nonostante questo possa essere visto come un vantaggio, dall’altra parte quest’invisibilità sonora può essere causa d’incidenti e infortuni.

 

Il focus più delicato è però rivolto alle batterie, vero punto debole della mobilità elettrica in generale. Quest’ultime da produrre sono molto care e come conseguenza rendono il veicolo più costoso rispetto a quello a combustione. Inoltre, per ottenere le batterie è necessaria l’estrazione e lavorazione delle materie prime che comportano un impatto tutt’altro che trascurabile sugli ecosistemi in termini di sfruttamento delle risorse minerarie e di tossicità dei materiali.

La rete di ONG riunita nell’Ufficio Europeo dell’Ambiente stima che, se i tassi di riciclo delle batterie non cresceranno entro il 2050, le miniere di rame, litio, nickel, manganese e cobalto attualmente in uso potrebbero esaurirsi, mentre l’apertura di nuovi luoghi d’estrazione (anche in Europa) potrebbe avere conseguenze devastanti sui bacini idrici, i corsi d’acqua, la biodiversità e la tutela dei diritti umani delle popolazioni locali coinvolte come manodopera per l’estrazione mineraria.

Oltre a questo, un interrogativo sorge riguardo alla questione della durata e dello smaltimento delle batterie. Per il riciclo e riutilizzo delle batterie è, infatti, necessario che nasca una vera e propria filiera in grado di gestire questo tipo di rifiuti e dargli nuova vita.

Maximilian Fitchtner, docente di chimica dello stato solido all’ Università di Ulm e capo del dipartimento Sistemi di accumulo energetico al Karlsruhe Institute of Technology, avendo studiato il fenomeno e la sua evoluzione, può fornirci alcune risposte ai nostri dilemmi.

Ad esempio, un composto di grafite e silicio potrebbe presto sostituire la grafite pura nell'anodo. Considerando che il silicio ha una densità energetica dieci volte superiore alla grafite, il contenuto energetico delle batterie aumenterà di molto. Attualmente in un pacco batterie il materiale di stoccaggio effettivo rappresenta il 25-30% del contenuto: Il resto è involucro, imballaggio e additivi. Secondo Fichtner in questo campo ci saranno grandi progressi e la prossima generazione di batterie sarà dunque progettata in modo più efficiente. Seguendo questa visione, la quota di stoccaggio potrebbe quasi raddoppiare, aumentando il contenuto energetico oltre che a ridurre i costi di produzione.


Parlando dell'importanza delle materie prime impiegate, attualmente il cobalto è utilizzato principalmente per le batterie di telefoni cellulari e computer portatili, ma anche per produrre acciai super rapidi e taglienti. Per quanto riguarda la mobilità elettrica è possibile e necessario rinunciare gradualmente al cobalto, sia per salvaguardare i diritti umani, sia per le riserve limitate. Un'ottima alternativa è il litio-ferro-fosfato, un materiale economico, disponibile in modo sostenibile e non tossico.

 

In un focus sulle batterie allo stato solido Maximilian Fitchtner spiega che Nelle future batterie, la grafite del polo negativo verrà sostituita con il litio metallico, un'opzione che consentirà di aumentare l'autonomia dal 30 al 40%: per questo la tecnologia allo stato solido è considerata una sorta di soluzione finale della ricerca sulle batterie.

 

Infine, riguardo all’ autonomia e alla ricarica delle batterie, è previsto che Nel prossimo futuro l'autonomia dei veicoli elettrici crescerà drasticamente. «Presto sarà ovvio parlare di almeno 500 chilometri e iniziare a puntare ai 1.000. Le auto stanno progredendo rapidamente, non altrettanto l'infrastruttura di ricarica; abbiamo bisogno di una rete adeguata di stazioni di ricarica rapida» riprende Fichtner, che poi sottolinea l'importanza di permettere a chi abita in città e non ha una wallbox di ricaricare comodamente la propria auto.

 

Una visione confortante ed efficace in risposta ai nostri dubbi, si spera dunque, che in un futuro non troppo lontano l’auto elettrica possa raggiungere livelli ed aspettative molto performanti.

In definitiva le auto elettriche risultano effettivamente meno inquinanti delle loro cugine a combustione, ma per evitare veri e propri disastri ambientali è necessario che vengano fatti importanti investimenti sulle infrastrutture e sulle tecnologie necessarie per una gestione consapevole delle batterie. Occorre quindi ripensare il sistema in maniera sostenibile e circolare, un nuovo paradigma che favorisca il riciclo e il riutilizzo dei materiali utilizzati per costruire i veicoli e, in particolare, le batterie. Recuperare tali materiali da auto esistenti nella fase di fine vita e riutilizzarli, permetterebbe di risparmiare energia e materie prime preziose, oltre a ridurre in modo significativo l’impatto ambientale complessivo dei veicoli.

Carolina Ferraro