Designer che sognano l’auto: l’ Avanti di Loewy

Sono le quattro del mattino quando Raymond si sveglia di soprassalto. La sua mano va subito in cerca del suo taccuino, primo testimone di ogni sua idea, su cui annota una delle sue tipiche frasi criptiche: “e se ci fosse una ventosa?”. Dopodiché torna a dormire fino alle sette, momento in cui suona la sveglia che, spietata, costringe Raymond ad incontrare il mondo. Dopo aver soppresso l’istinto di prendere a pugni l’apparecchio, Raymond si ricorda del taccuino e legge la frase scritta durante la notte. L’idea avuta durante lo stato di dormiveglia riprende forma nella sua mente, con prepotenza, dandogli una vera ragione per abbandonare il letto e prepararsi per andare in ufficio dove 143 collaboratori, fra designers e architetti, sono pronti ad aiutarlo a far diventare quel colpo di genio notturno una realtà tangibile. In bagno è indeciso se sfoltire la barba con il rasoio elettrico Schick, ovviamente disegnato da lui stesso. Anche l’abito grigio che indossa prima di uscire porta sempre la sua firma, in particolare i polsini ne rappresentano la novità, essendo sostituibili una volta sfilacciati. Insomma, capricci che attribuiti solo ad un vero designer acquistano un senso. Una volta in ufficio, i tavoli sono riaperti da disegni per un transatlantico, gli schizzi per il nuovo telaio di una bici, un progetto per un distributore di Coca-Cola. Dopo aver supervisionato il lavoro dei suoi dipendenti si ferma ad un tavolo. A quel punto tira fuori dalla tasca del completo la pagina del taccuino scritta durante la notte e prepara un prototipo. Sono di nuovo le quattro del mattino. Raymond cerca il fedele taccuino, annota qualcosa e torna a dormire. Alle sette si alza e si dirige verso il bagno. Con una mano prende lo spazzolino, con l’altra prende il tubetto di dentifricio. Al lato dello specchio c’è il tubo per la schiuma da barba, saldato alla parete da una ventosa.

BIOGRAFIA E CARRIERA

Raymond Loewy è nato a Parigi, 5 novembre 1893. Francese trapiantato negli Stati Uniti, ha portato con sé il glamour parigino e lo ha reso disponibile al consumo di massa del XX secolo. Autodidatta e dotato di un’eleganza innata, la sua carriera ha inizio in quanto vetrinista e disegnatore per testate dal gusto esclusivo come Vogue e Harper’s Bazaar. Il 1929, con l’inizio della Grande Depressione, dà vita al suo primo progetto di design industriale per l’azienda britannica Gestener. A sorprenderlo durante i primi anni americani è la predilezione da parte degli industriali per un costo minore a discapito della prestazione estetica del prodotto. La piacevolezza visiva viene meno, l’obiettivo è massimizzare la vendita, con una distribuzione di massa, su larga scala. Si tratta di una tradizione di mercato ben diversa rispetto a quella europea, in cui la componente estetica risultava ancora un elemento essenziale. Bisogna quindi trovare una mediazione tra un’idea di design più europeo e un’idea di mercato americano. Da qui il designer concettualizza il suo celebre metodo M.A.Y.A. (most advanced yet acceptable). “La parte intrigante di questa frase sta nella possibilità di posizionare una virgola. Se questa cadesse dopo la parola advanced starebbe a significare che il limite di innovazione in un operato combaci con quello dell’accettabile. Se la virgola cadesse dopo la parola yet si presupporrebbe che l’innovazione si porti anche oltre all’accettabilità del prodotto”. Fra i progetti che meglio riassumono questa sua tendenza, che diventerà il suo marchio di fabbrica per buona parte del ‘900, sicuramente vi è il restyling del pacchetto di sigarette “Lucky Strike”, semplificandolo per ottenere una riduzione dei costi e rendendolo più piacevole alla vista aggiungendo il fondo bianco che, con il bersaglio in rosso, forma l’indistinguibile logo. Quasi tutti i brand che hanno commissionato compiti a Loewy sono fra i più celebri al mondo ancora oggi. Dall’ideazione del logo di Shell al rinnovo del design della bottiglia in vetro della Coca-Cola, ciò che accomuna i contributi di Loewy a tutte queste aziende è la creazione di un’identità visiva inconfondibile e commercialmente seducente.

SKETCH BY RAYMOND LOEWY

LA SVOLTA AUTOMOBILISTICA

Sono gli anni ’50 e la Studebaker Corporation, storica casa automobilistica statunitense, si ritrova sull’orlo del lastrico dopo un secolo di attività. Nonostante la fama guadagnata grazie alle proprie innovazioni a livello tecnologico il suo target ristretto non le permette più di competere con le cosiddette “Big Three of Detroit”: Ford Motor Company, Chrysler Corporation e General Motors. Quest’ultime vantano, con i tanti marchi in loro possesso, una lunga lista di modelli, per tutte le tasche e per ogni esigenza, specialmente tra le compatte. Rimane dunque poco spazio per i costruttori indipendenti; come la stessa Studebaker, Hudson e Packard. Sarà proprio Packard che, in un disperato tentativo di arginare le perdite, a decidere di rilevare la Studebaker. Sfortunatamente, l’operazione non porta ia risultati sperati. Nel frattempo, viene chiamato a dirigere l’azienda il manager Sherwood Egbert, di origini irlandesi. Leggendo alcune riviste di auto Egbert capisce che solo un modello estremamente innovativo, dentro e fuori la carrozzeria, può salvare la compagnia. All’apice della sua carriera, non vi è alcun dubbio che Raymond Loewy sia il candidato ideale per dare nuova identità visiva all’azienda attraverso la progettazione di un modello unico. Si tratta degli anni in cui Loewy si è già occupato di auto e aerei - nel 1959, anno di debutto della Sunbeam Alpine Series da lui disegnata, Raymond aveva già ideato il logo della compagnia aerea americana TWA mentre l’anno seguente aveva conferito nuova vita alla Lancia Flaminia Coupé. Ciò che nasce dalla collaborazione tra Studebaker e Loewy è l’ “Avanti”, una coupé che unisce un telaio compatto con un generoso V8 4.7 litri, con step di potenza da 240 e 289 CV, capace di spingerla ad oltre 200 km/h. Il corpo ha una lunghezza inferiore ai cinque metri e una larghezza di un metro e settanta. Il cambio può essere un manuale a tre o quattro marce oppure un automatico a tre. Viene poi reso disponibile un V8 da 5 litri e 335 CV, capace di spingere l’Avanti a 240 km/h. In America si tratta del primo modello che impiega i freni a disco. La carrozzeria viene interamente realizzata in poliestere rinforzato con fibra di vetro, proveniente dalla stessa azienda che fornisce la Chevrolet per la Corvette. Il debutto del nuovo modello avviene al Salone di New York del 1962, collezionando pareri entusiasti per il design accattivante ed innovativo, che univa sapientemente sportività ed eleganza in un’unica vettura. Tuttavia, nonostante i pregi estetici, il lavoro frettoloso fa si che i primi modelli presentino alcuni problemi mentre i prezzi sono ben superiori rispetto ad altre auto analoghe, anche della più estrema Corvette. Per quanto apprezzata da critica e pubblico, l’ultimo grande sforzo della Studebaker non riesce ad assicurare all’azienda il futuro sperato. Il maggiore stabilimento di produzione, a South Bend, cessò la fabbricazione il 20 dicembre 1963. L'ultima Studebaker fu prodotta nello stabilimento di Hamilton, in Canada, il 16 marzo 1966. Nonostante la chiusura della fabbrica madre, la vettura disegnata da Loewy era ormai diventata un modello cult, un vero e proprio status symbol per gli appassionati d’auto e per i collezionisti. Per questo motivo varie compagnie indipendenti continuarono a produrla in quantità limitate, anche dopo la chiusura della Studebaker, sempre con ottimi risultati di vendita. E sempre per questo motivi, il modello “Avanti” figurava spesso nei garage di personaggi illustri, come il cantante Ricky Nelson e lo scrittore Ian Fleming, autore della saga di James Bond. Il padre di 007 compie addirittura un giro dell’Europa con il suo esemplare di colore nero.

 

Mattia Casareto